Si sta svolgendo proprio ora allo stadio Franco Ossola la conferenza stampa di Antonio Rosati, patron del Città di Varese. “Risponderò a tutte le vostre domande, senza remore e senza nulla da nascondere assumendomi la responsabilità di tutto quello che è successo”, le prime parole di Rosati.
“Le responsabilità del fallimento sportivo di questa stagione me le prendo io. Le scuse vanno in primis alla proprietà e al signor Gilardi. Poi ai tifosi, alla parte più calda e a tutti quelli che sono appassionati. Detto questo poi le ragioni sono sempre mille e una ma le snoccioleremo da qui in avanti. Ma le colpe devo e posso assumermele solo io. Certe scelte se non le ho fatte le ho avallate e quindi mi prendo le responsabilità”.
“Il gruppo di lavoro di inizio anno è lo stesso della fine dello scorso anno. Dopo la vittoria dei playoff ci siamo tutti inebriati e abbiamo fatto una fotografia dell’asticella di quel momento, ma non era la fotografia di tutta la stagione. Abbiamo lavorato su una professionalità calcistica e umana che non c’è stata. Penso sia stato l’errore fondamentale. Lo sbaglio parte da lì. È vero che abbiamo vinto i playoff ma non è stata la vera gestione dello scorso anno che è stata da metà classifica. Vinti i playoff ci siamo montati la testa”.
“Prendendomi le colpe al 100%, c’è stata la mia influenza. Forse non ero convinto di ripartire con Porro e con tutto quel gruppo. Ritenevo che si dovesse partire con una delle due scommesse. O Porro cambiando la squadra, o con la squadra ma senza Porro. Lui è stato il mister della chiusura, che ha toccato molle che andavano toccate. Quando andò via Rossi eravamo appiattiti e lui è stato bravo a toccare le molle e dare brio. Servite per conquistare i playoff e vincerli. Comunque quell’asticella c’era, tanto che ci eravamo attivati per il ripescaggio cambiando la società”.
“Quando parti con una non convinzione di fondo, forse anche precipitosamente abbiamo cambiato. Perché De Paola? Perché abbiamo focalizzato che la squadra non rispondesse a degli stimoli che servivano per un campionato di vertice. Ho cercato un mister come fu nel mio primo Varese. Quando partii con Carmignani e passai poi a Sannino. Che arrivò qui con la cazzimma, facendo risultati che la storia ci dice. Ma è vero che abbiamo sbagliato, di fatto la squadra non ha risposto”.
“Cambio di capitano e vice? Mapelli e Disabato penso rientrassero nel gruppo di lavoro con un determinato obiettivo. Quando non ci sono, bisogna prendere coscienza e fare scelte strong. Pensando di farle nel bene della squadra. Quando ho venduto Ebagua al Torino e poi l’ho ripreso, so che alcuni non erano d’accordo. Ma sapevo che poteva fare il bene del Varese, l’ha fatto, e io devo guardare quello. Se si pensa che una scelta per la società è positiva, la si prende. Dopo tutti sono capaci. Nel mercato invernale avevamo capito che le aspettative e gli obiettivi erano falliti, per questo abbiamo deciso di cambiare”.
Sul ripescaggio: “Eravamo vicini nel senso che ci eravamo attrezzati. Burocraticamente eravamo pronti d’ufficio per accelerare i tempi perché la struttura Città di Varese andava proporzionata al nostro voler crescere. A livello di campo può aver distratto. Non sai se fai una Serie D o una Serie C può non farti lavorare al meglio ma non è una scusante per il risultato di quest’anno e per quanto fatto. Non è stato un toccasana ma non è stato il motivo principale del nostro fallimento”.
“Il rapporto col territorio e le poche persone presenti? Tutto parte dal risultato, se sei vincente catalizzi e se non lo sei catalizzi molto meno. Questo conta e non poco, se fai i risultati di quest’anno non puoi far altro che disinamorare una piazza che già è in una categoria non consona a Varese. Poi però ci abbiamo messo del nostro. Sbagliando un piano di comunicazione e di iniziative popolari che verranno riviste e che quest’anno sono state mal trasmesse”.
“Lo stato lavori? Le Bustecche prevedono due lotti. Uno è quello datoci in concessione dal Comune, una concessione vecchia tant’è che l’investimento iniziale si è quasi decuplicato. Ed è il lotto di concessione del campo che è stato fatto ed omologato dove si stanno disputando in deroga alcune partite come quelle del femminile. Poi c’è il lotto due che è diventato asset del club. Tra Covid e superbonus abbiamo dovuto aspettare. C’è stato un grosso lavoro d’ufficio, abbiamo sbloccato la burocrazia riformulando tutti gli appalti ma a questo punto tardi per tardi abbiamo deciso di iniziare i lavori con i campi disimpegnati. Ora abbiamo un ritmo di lavori serrati. Dall’ampliamento degli spogliatoi, palestre e infermeria, il campo ex provincia in sintetico e un altro campo entro quest’estate. Ci piacerebbe che i campi già in sede di ritiro siano pronti e lo saranno”.
Sul futuro: “Se il tifoso spostasse il suo vedere dal risultato sportivo a quello che stiamo facendo cambierebbe la sua idea. È più importante l’investimento che stiamo facendo sulle strutture. Non posso dire che la categoria non sia importante, altrimenti sarei stupido. Se stai cercando di investire per costruire una Ferrari, è perché vuoi andarci in pista non perché vuoi andare a far la spesa”.
“Mi dedicherò molto più in prima persona a questo progetto. Devo farlo, lo devo alla proprietà. Quindi non so dare una risposta a dei misunderstanding che ci sono stati”.
Questione stadio: “A Varese è simile al 70/80% degli stadi d’Italia. È uno stadio vetusto, qualcosa in Italia si sta muovendo. Oggi come oggi lo stadio è la nostra casa e ad oggi va benissimo così perché siamo concentrati su centro sportivo, sulle giovanili e su tutto il resto che abbiamo detto. Diciamo che è al momento è a pagina 4”.
“Sono in dovere di dare delle risposte alla proprietà che non sono quelle che abbiamo dato fino ad oggi. Proprio in seno agli investimenti che stiamo facendo a medio-lungo periodo. Sono obbligato con dispiacere a mettermi in questo impegno/obbligo, per quanto successo quest’anno prendendo in mano la situazione direttamente. Poi non ho più la velleità di fare il presidente con la sciarpa sotto la curva perché sono soddisfazioni che mi sono già tolto. Ora vedremo il riassetto, non sono per le rivoluzioni totali anche se ci sarà da mettere mano in maniera pesante. Lavorerò a strettissimo contatto con il gruppo di lavoro che ci sarà non più tanto avallando certe cose ma decidendole. Poi le cariche lasciano il tempo che trovano”.
“Montemurro? È un amico ma il suo nome accostato al Varese è di fantasia. È uscito in maniera netta dal problema di giudiziario che ci legava ma non so cosa vuol fare da grande. Ma non so nemmeno se voglia fare ancora calcio. Nuovi investitori? Qualsiasi soluzione intelligente la proprietà la valuta. Se quello che si può fare in un anno si può fare in sei mesi. Io un po’ questo mondo lo conosco, su 100 nomi che girano, 99 girano un po’ a vuoto. C’è chi sta investendo, se qualcun’altro vuole mettere qualche milione di euro per velocizzare il processo di crescita del club credo che il signor Girardi non dica no. O chissà, magari un arabo che si innamora di Varese. A quel punto lui non obietterebbe, sarebbe un pazzo. Ma deve arrivare quel nome su 100 che sia serio. Oggi un cane che investe nel Varese c’è e sta investendo anche tanto. Il canile è aperto, basta che sia un cane di razza”.
“Domani? Nel rispetto del club abbiamo fatto il nostro reclamo, secondo noi fondato. Non siamo noi a giudicare, se ci daranno ragione faremo la Serie D e se ci daranno torto faremo l’Eccellenza. Con buona pace di mister Melosi. Sangiovannese-Grosseto? Il nostro è un clone proprio di quanto successo in Toscana. È un caso fotocopia, gestito in maniera fotocopia perché non può essere gestito diversamente. Non puoi mettere a posto una defezione del genere in 40 minuti. Devi mettere a posto un area di terreno troppo grande, che va ben oltre l’area di rigore. Chi si è accorto dell’altezza delle traverse? Non voglio prendermi meriti ma sono stato io. Ero in campo con Amirante, vedevo Moleri scaldarsi e le sue mani uscire dalla traversa. Gli uscivano le dita dalla traversa, solitamente la tocca. Poi i dirigenti della Folgore sono stati integerrimi nel mandare fuori chi non era in distinta. Regolamento per regolamento, ho pensato che sarebbe stato giusto misurare l’altezza della porta”.
“Cosa cambierei e cosa terrei? Il mio primo sentimento è quello di fare tabula rasa. Mi esonererei anche io se potessi. Dovrei essere io il primo ad andare via, ma non posso farlo. Però non si deve agire di pancia e penso ci sia anche del buono. Ragionerò nei prossimi giorni cercando anche di analizzare tutti gli sbagli fatti, perché sono stati fatti e come e da lì riassettare. Sicuramente ci saranno dei cambiamenti in tutte le aree a macchia di leopardo. Non lo dico perché non c’è ancora nulla per mille motivi, come ad esempio il ricorso”.
“A Varese penso ci sia una grande voglia di calcio. C’è una Serie D che è un vestito che non è su misura del Varese, che dovrebbe stare nel professionismo. C’è un pubblico che nonostante tutto applaude una squadra che retrocede sul campo è la motivazione che mi spinge, ci spinge, a continuare a fare qualcosa di buono”.