CSI e UISP, il protocollo è rétro. Il CONI può dare l’ok?

CSI e UISP erano pronte a scendere in campo. Ma con un protocollo che la FIGC usava ad ottobre
CSI e UISP erano pronte a scendere in campo. Ma con un protocollo che la FIGC usava ad ottobre

Mentre molte squadre di Eccellenza sperano che la FIGC riconosca il campionato come di interesse nazionale, CSI e UISP erano pronte per scendere in campo. Il passaggio a zona arancione rinforzata, il possibile passaggio a zona rossa ha già cambiato le carte in tavola al CSI Milano (“Attività sospesa per scelta educativa”, il comunicato firmato dal presidente Massimo Achini) e potrebbe portare alla stessa conseguenza nel mondo UISP. Ma l’interrogativo dei giorni scorsi di molte persone è un eco che resta nelle orecchie. “Perché loro sì e noi no?”. Domanda lecita. Perché il fine ultimo è lo stesso (ventidue o meno persone che giocano in un campo da calcio) ma l’iter completamente differente.

CSI, UISP e un protocollo senza tamponi

“15 marzo 2021. Con coraggio. Fiducia. Speranza. Ripartiamo insieme”. Era questo lo slogan del CSI Milano fino al tardo di pomeriggio di giovedì, poche ore dopo l’annuncio del Governatore Attilio Fontana che portava la Lombardia in zona arancione rinforzata. Quali i passi percorsi dai due enti, oratoriali ed amatoriali? Prima il riconoscimento all’interesse nazionale (discutibile? Non cambia poi molto da altre richieste), successivamente un protocollo autorizzato dal CONI che permetteva la ripartenza. Questo sì, invece, discutibile visto che, come confermatoci da organi interni a CSI e UISP, il protocollo non prevedeva l’uso di tamponi. Nonostante il periodo, per poter giocare bastava semplicemente l’autocertificazione e misurarsi la temperatura all’interno del centro, con le successive opere di sanificazione a carico della società.

Sicurezza e organizzazione, poi il ritorno in campo

Nulla contro le scelte intraprese da CSI e UISP (qualche interrogativo, semmai, sarebbe da porre ai piani alti), ma per i campionati FIGC si tratterebbe di un passo indietro. Il protocollo, infatti, era quello utilizzato durante i primi mesi di questa stagione, con tutti gli inghippi del caso. Su tutti, la quarantena obbligatoria per tutti al registrarsi di una positività. Questione che aveva già portato alla sospensione di una moltitudine di partite e anche a problematiche all’interno della vita al di fuori dello sport, su tutti quella lavorativa. Giusto ripartire? Anche in caso di risposta affermativa, è giusto farlo in sicurezza. E non guardare sempre l’erba del vicino. Più verde, soltanto in un antico detto popolare.

2 Commenti

    • Dal sito dell’Accademia della Crusca
      https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/sostantivi-femminili-in-o/117

      I nomi in -o, che formano solitamente il plurale in -i, sono perlopiù maschili, ma la declinazione -o/-i vale anche per i pochi femminili in -o non invariabili, quali eco e mano. Eco deriva da un nome femminile sia in latino (ēcho) sia nel greco da cui il termine ha origine (ēkhó da ēkhêin ‘rimbombare’); comunque, sebbene meno ricercato, si trova anche un impiego di eco al maschile singolare. (eco maschile è accettabile ma più informale)

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